Cambio e cambiamento: questioni di marcia?

Cambio e cambiamento: questioni di marcia?

Durante l’esame di pratica per la patente ricordo ancora come fosse ieri la “grattata” fenomenale che feci quando dovetti cambiare marcia dalla prima alla seconda.

Un suono stridulo e insistente (perché a dire il vero non riuscivo proprio a mettere la seconda) che echeggiava nell’auto accompagnato da un mio sguardo terrorizzato che aveva subito incrociato quello terrorizzante dell’esaminatore. Una partenza scoppiettante, direi, che ancora oggi mi torna in mente quando ogni tanto gratto le marce dopo decenni di onorata guida.

Cambiare in automobile serve per andare avanti e se non si impara ad “ascoltare” il motore che urla quando la marcia resta troppo bassa rispetto alla velocità presa… beh, son guai.


Allo stesso modo un’organizzazione aziendale quando non ascolta la necessità di cambiamento rischia guai grossi. Ecco che nella mia vita ho sempre cercato di stare in ascolto, cercando di scovare quelle “urla” di cambio, di cambiamento, per poter andare avanti con la marcia giusta.

Personalmente ho cambiato spesso marcia nella mia vita professionale, sebbene io non ami particolarmente i cambiamenti perché pongono in situazioni di cui ho inizialmente una grandiosa paura. Da giornalista ho imparato a cambiare registro nello scrivere o nel realizzare servizi radio o tv a seconda dell’argomento, della notizia, del pubblico di riferimento. Da giornalista che oggi affronta le sfide della comunicazione d’impresa ho mantenuto quella caratteristica imparata sul campo ma ho cercato di spostarla sulle storie.

Dovendo interfacciarmi oggi più con la comunicazione e le relazioni pubbliche che con il giornalismo, che resta comunque una radice forte della mia professionalità, ho trovato nello storytelling una metodologia utile ad affrontare il cambiamento.

Sono interessanti le riflessioni, tra cui quelle di Steve Denning, che ha portato lo storytelling nel change mangement diventando uno dei primi manager capaci di usare le storie per affrontare il cambiamento organizzativo. Nello schema narrativo classico, di “proppiana” memoria, il cambiamento corrisponde spesso a un trauma, un conflitto, tutti spesso necessari al compimento dell’impresa eroica. E cosa è il cambiamento organizzativo o aziendale se non un trauma per le imprese stesse? Un trauma che rischia di rimanere tale per chi l’impresa la vive. Raccontare storie in queste condizioni aiuta a superare il trauma, a convogliare eventuali conflitti in energie utili per il miglioramento e la comunicazione in questo contesto gioca un ruolo strategico.

In alcuni studi, infatti, risulta che le aziende che hanno affrontato il cambiamento nella maniera migliore sono quelle che hanno saputo attuare piani di comunicazione efficaci. In alcuni casi che hanno saputo comunicare narrando e affidandosi a “change story” – come dice Denning – che portano a cambiare marcia. E quindi il cambio di registro in base a pubblici e obiettivi, il cambiare modo di comunicare usando la narrazione come leva di innovazione, sono per me oggi una nuova sfida.

E se capita di “grattare” ancora la marcia farò come ho fatto all’esame di guida: dopo l’incrocio di sguardi ho esclamato “Io e questo cambio non andiamo d’accordo ma prima o poi lui mi amerà”.

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