Luciano Canova, le emozioni come strumento di inclusione e di generazione di valore

Luciano Canova, le emozioni come strumento di inclusione e di generazione di valore

Le emozioni determinano le nostre azioni e i nostri comportamenti. Rappresentano la nostra risposta agli stimoli, interni ed esterni, e sono fondamentali per la nostra sopravvivenza.

Luciano Canova, economista e divulgatore scientifico, ci ha raccontato di che cosa parlerà nel suo speech, sabato 6 maggio 2023, in relazione al tema “Emozioni” della IX edizione di InspiringPR, sottolineando il ruolo dell’umiltà per superare l’overconfidence, cioè la tendenza ad avere un’eccessiva sicurezza nelle proprie capacità e conoscenze.

 

1) Il tema “Emozioni” farà da cornice alla IX edizione di InspiringPR, il tuo speech “Umiltà per superare l’hangover da overconfidence” che tematiche toccherà?

Voglio raccontare il ruolo che hanno le emozioni intese come strumento facilitatore dell’inclusione. Senza rivelare troppo sul mio speech, posso dire che il mio obiettivo è quello di far capire che non servono i super poteri per farlo.

Vorrei far capire che le emozioni possono diventare un mezzo che facilita la generazione di valore e che possono essere uno strumento di inclusione usato in modo positivo.

Il comunicatore ha quindi un potere: la forza delle emozioni come strumento per far passare il messaggio di una storia nel modo più efficace possibile.   

 

2) Le emozioni come possono influenzare le relazioni pubbliche?

Mi sembra impossibile che non lo facciano, nel senso che tutti noi siamo dentro un contesto in cui le emozioni guidano le nostre decisioni, quindi il fatto di esserne consapevoli e di essere in grado non tanto di controllarle, bensì di sfruttarne con consapevolezza il potere, è fondamentale per un comunicatore. La comunicazione emotiva è uno strumento fondamentale per veicolare un messaggio e per produrre valore. Però la comunicazione emotiva va usata con la consapevolezza dei rischi che comporta un uso errato delle emozioni stesse.

Il comunicatore prende una storia e da questa guida la decisione della persona a cui sta veicolando il messaggio. Quindi il ruolo delle emozioni è proprio lì: nella forza narrativa di una storia che però dev’essere usata con saggezza, senza incorrere nel rischio che la narrazione si tramuti in un veicolo di decisioni errate.

 

3) Quanto è importante per i comunicatori (social media manager, esperti di relazioni pubbliche) e per i futuri professionisti dell’intelligenza artificiale conoscere l’economia comportamentale?

L’economia comportamentale aiuta a prendere decisioni migliori e spesso, senza saperlo, la si utilizza già quotidianamente. Quando si prende una decisione ci si concentra sempre sull’esito della scelta ma non si considera mai che in realtà ci sono delle alternative che abbiamo scartato. Saper valutare le alternative scartate è una parte fondamentale dell’economia comportamentale che torna utile anche ai comunicatori.

A proposito di ChatGPT una comunicazione basata sul terrore è pericolosa perché io in quanto comunicatore devo saper valutare le opzioni che ho sul tavolo e semmai chiedermi: quali sono le alternative all’uso di ChatGPT? Devo evitarne l’uso? Magari c’è ancora un’alternativa che potrebbe essere: come rendere ChatGPT funzionale al lavoro che faccio. Pensare da economista vuol dire questo: soppesare gli strumenti a disposizione in modo da essere capaci di prendere una decisione efficace.

Posso capire l’iniziale senso di spaesamento di un copywriter che potrebbe dire “allora la macchina farà il lavoro al posto mio”, in realtà il copy dovrebbe dire “forse è un’occasione per ripensare il mio lavoro”.

Quella tecnologia, che è uno strumento, non è detto che cancelli una professione. Bisogna chiedersi: qual è l’unicità del mio lavoro?, qual è il mio valore aggiunto?. Se come persona dò un valore aggiunto allora ChatGPT è solo un facilitatore, non mi sostituisce.

Al contrario se io non apporto nessun valore allora la macchina andrà a sostituirmi. Ma è sempre stato così, la macchina in realtà rende il lavoro degli esseri umani più semplice. Chiaro che è sempre più difficile trovare la propria specificità, ma è possibile, e pensare da economista credo che aiuti in questo.

 

4) A proposito di inspiring… quali sono i discorsi, più o meno celebri, che hai trovato particolarmente ispirazionali nella tua vita?

Il discorso di Steve Jobs alla Stanford University sull’unire i puntini, cioè sulla capacità di stare dentro una visione complessa. Rispetto a quel celebre discorso noi ormai ci siamo abituati a un’idea di serendipity un po’ hollywoodiana: trovo quello che non sto cercando, è vero, però tu stai cercando qualcosa. In realtà Steve Jobs non ha trovato per caso quello che stava cercando, lui era in un processo di ricerca su vari canali. E questo, grazie anche a una grandissima apertura mentale, gli ha consentito di unire i puntini. Però la scoperta “serendipitosa” non è una scoperta casuale perché si tratta della scoperta di una persona che si sta impegnando molto in quella direzione e che quindi sta già cercando. 

 

5) Oggi la comunicazione delle aziende è sempre più “story-driven” e quindi influenzata da chi racconta e dal racconto stesso, ci sono dei rischi per le aziende?

La forza della storia è inevitabile ed è bellissimo che sia così, le storie ci attirano, ci affascinano. Lo dico da comunicatore di numeri: molto spesso i numeri senza una storia dicono poco.

Il rischio è quello di semplificare troppo, per cui la parola chiave è calibrazione ed è quello che fa anche un bravo scrittore, cioè romanza, ma non va troppo distante dal verosimile. Uno scrittore di romanzi infatti fa tanta ricerca prima, questo vuol dire che raccoglie fatti, evidenze, poi ci costruisce sopra un gomitolo di relazioni.

Le storie spesso vengono valutate in modo superficiale, invece quelle che funzionano sono frutto di costruzioni molto razionali e questo vale anche quando le storie sono usate per comunicare i valori economici, la mission di un’azienda, il suo purpose. Il rischio è perdere di vista la complessità del costruire le storie.


6) Crisi economico-finanziarie, pandemia, conflitti globali, climate change… per reagire e gestire questi cambiamenti che cosa possono fare gli esperti di comunicazione e di PR? 

Il linguaggio è un aspetto fondamentale. Ad esempio per quanto riguarda la crisi climatica, dal punto di vista della comunicazione, ci si concentra sempre su quello che manca in modo apocalittico, quindi sulla sfida, sul problema, sulla tragedia. Però la cornice potrebbe fare tanto. L’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) nel suo ultimo summary ha dedicato un intero capitolo agli strumenti che abbiamo a disposizione che, a fronte dei dati, parla in modo positivo di ciò che possiamo fare. Il comunicatore deve concentrarsi sulla percentuale positiva e non sempre sul dato negativo, il che non vuol dire essere ottimisti per forza, ma avere la capacità di incorniciare un problema anche facendo attenzione agli strumenti che abbiamo a disposizione per trovare una soluzione perché altrimenti si rischia di generare ansia, insoddisfazione, negatività.

Quindi il primo aspetto da considerare è come si comunicano le cose, stando attenti all’aspetto positivo della costruzione della comunicazione.

 

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