Cambiamento ed evoluzione: dall’uomo all’azienda

Cambiamento ed evoluzione: dall’uomo all’azienda

A quasi due mesi dall’ultima edizione di InspiringPR, il Festival delle Relazioni Pubbliche organizzato da Ferpi, è tempo di rinfrescarci la memoria con gli insegnamenti, o meglio, le ispirazioni che ci ha lasciato.

Dopo i workshop del venerdì pomeriggio, nella giornata di sabato sono intervenuti dodici speaker, ognuno con il proprio background, ognuno con la propria personalità, il proprio stile, ma tutti con l’obiettivo comune di affrontare e stimolare il cambiamento, filo conduttore di questa edizione.

Alessandro Marchetti è stato il quarto relatore a salire sul palco del Festival. Fotografo, ma anche consulente informatico e ancor prima fisico teorico delle alte energie, sempre alla ricerca della bellezza attraverso l’arte e la conoscenza.
Fin da subito ha evidenziato come alla parola “cambiamento” preferisca, invece, “evoluzione” con la quale si intende: “prendere tutto quello che c’è e portarlo ad un livello superiore”. “Noi non siamo coerenti, noi siamo una continua contraddizione di noi stessi, nell’evoluzione che portiamo nella nostra vita”: questo per Marchetti è ciò che realmente ci contraddistingue come esseri umani.

Le due costanti che hanno caratterizzato la sua vita?

L’ordine e il caos:  l’ordine dato dall’amore per la fotografia, l’informatica e la fisica; il caos della realtà con cui si imbatte quotidianamente.

Dal continuo conflitto di queste due forze nasce la bellezza che si manifesta sotto infinite forme: può essere arte, può essere scienza.

Successivamente è stato il turno di Fabio Cappellozza, presidente di Considi, società di consulenza nel settore dell’Operation & Innovation Management, specializzata nei servizi legati al Toyota Production System. Chi, se non lui, poteva presentare un intervento dal titolo “Come si cambia in azienda”? Cappellozza afferma che cambiare nella sua azienda, proprio come nella cultura giapponese, vuol dire cambiare verso il meglio e affinché ciò avvenga è necessario individuare tre elementi: i motori del cambiamento, che ci portano a ragionare sul perché dobbiamo cambiare; il punto di discontinuità, che corrisponde all’ interiorizzazione della necessità di abbandonare i modelli non più funzionanti; la bussola, che ci permette di identificare nuovi punti cardinali per orientarci durante il cambiamento.

I motori del cambiamento sono la globalizzazione, la crescita demografica, le risorse naturali limitate del nostro pianeta e per questo le regole, i paradigmi, le esperienze che ci hanno condotto al successo in passato oggi non funzionano più. Cappellozza suggerisce: “Da un mondo degli orologi, di crescita lineare, andiamo verso un mondo delle nuvole, un mondo che bisogna imparare a scalare, un mondo che varia di continuo”. Nel vecchio mondo degli orologi i centri gravitazionali del mercato erano le aziende; oggi, invece, quel posto è occupato dai clienti, dalle persone. Le aziende devono avere la capacità di soddisfare il singolo cliente “che non è più un target o un segmento di mercato, ma diventa una singola persona”.


Nel mercato attuale le forze evolutive sono essenzialmente quattro: la servitization, in quanto siamo sempre più utilizzatori e partecipi della fase di progettazione del prodotto e sempre meno semplici consumatori; il green, inteso come nuovo stile di vita da perseguire; il digital future come realtà imprescindibile; il B-to-P, ossia business to person, come ultimo passaggio dopo il B-to-C, business to consumer, e il B-to-B, business to business.

Fabio Cappellozza ci ha insegnato, con il suo intervento, che il cambiamento in azienda può avvenire solo se parte dall’azienda stessa, intesa come insieme di persone che sanno e vogliono crescere assieme. Gli imprenditori devono capire questo e dimenticare il binomio ormai superato imprenditore – manodopera, in quanto quest’ultima è stata soppiantata da quella che Cappellozza definisce “mentidopera”:

i cervelli vanno stimolati per poter cambiare davvero, e il trucco sta nel non dare ordini ai dipendenti, bensì spiegare loro ciò che si vuole ottenere.

Sul palco di InspiringPR quest’anno è salito poi Fabio Ventoruzzo, Vice Presidente di Reputation Institute, società specializzata nella misurazione e gestione della reputazione, nonché Vice Presidente di FERPI.

Ad aprire il suo intervento, due constatazioni. La prima: “Le persone non si fidano delle istituzioni”. La seconda: “Le persone si aspettano che le aziende prendano posizione su temi sociali”. Quest’ultima, in particolare, rappresenta una grande opportunità per le aziende, ma per sfruttarla al meglio devono essere disposte a cambiare radicalmente la loro cultura: non prendendo posizione, infatti, esse diventano insignificanti. Il silenzio di fronte alle tematiche sociali non è più un’opzione possibile.

Le imprese devono comprendere, secondo Ventoruzzo, che non si rivolgono a persone pienamente razionali in grado di capire perfettamente tutte le informazioni da loro trasmesse, ma che la realtà è una “giungla” in cui è fondamentale l’importanza della polarizzazione. Non possono permettersi perciò di mantenere un atteggiamento elitario rispetto al mondo che le circonda, né limitarsi a occuparsi della loro organizzazione interna. Inoltre, la loro comunicazione deve sempre più spostarsi dal concetto di consumo come atto di utilizzazione del prodotto, a quello di produzione come svelamento di ciò che c’è dietro il prodotto. I dati del Reputation Insitute dimostrano, infatti, che quando le persone giudicano le aziende il 65% dei loro voti si basa su ciò che c’è dietro l’offerta di un prodotto o servizio sul mercato. Ventoruzzo conclude:

in questo momento, se le aziende non si raccontano per quello che sono e non semplicemente per quello che fanno perdono una grande opportunità.

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